Il mio viaggiare in bicicletta è come la vita, una somma di piccole cose.

Una somma di passi, di pedalate che arrivano a cento, poi a mille, poi perdi il conto e contare non serve più di tanto in fondo.

Una somma di scelte sbagliate, che ho capito col tempo ogni volta che ho buttato ogni centimetro in più come ogni minuto che ho sprecato e che non ritornerà mai più. Una volta, partire, era fare finta di schioccare le dita e scomparire. Quando buona parte di quello che avevo davanti non mi piaceva. Quando il senso delle cose mi soffocava nell’incertezza che fosse giusto o sbagliato, che fosse colpa mia o di altri, o semplicemente mi faceva star male.

Non partivo mai con la voglia di viaggiare, ma sempre con la speranza di scappare.

Poi ritornavo, perché la mia vita per fortuna era piena di ansie ma anche di terreni dove il cuore stava in pace e si scaldava facilmente.

Nel viaggio di oggi mi apro al mondo e mi lascio contaminare da tutto quello che mi circonda, senza filtri. Abbandono le paure e respiro più che posso odori nuovi. Cerco colori e sapori con cui riempire i miei vuoti.

Di tutto questo non so mai esattamente cosa rimarrà, ma proprio viaggiando ho capito che non importa. Non voglio portarmi a casa nulla più di quello che l’istante stesso mi regala e viverlo esattamente in quel momento, perché la mia felicità muore e resuscita con troppa facilità e non ha il tempo di fiorire.

Forse dovevo annaffiarmi con più dedizione da giovane, far crescere i frutti dentro di me. Dovevo coltivarmi di più, costruire e non distruggere, ricordare e non dimenticare.

Credo che ognuno piuttosto consciamente scelga un ruolo per sé stesso, così come in ogni coppia uno fa il giardino e l’altro il giardiniere.

Ecco, io viaggio per capire se sono un giardino o un giardiniere.
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